Capacità di Adattamento e trasformazione nel minibasket

Traguardi di competenza per il bambino e per l'istruttore.
Capacità di Adattamento e trasformazione nel minibasket

Partiamo dalla definizione e dai riferimenti scientifici sulla capacità.

La capacità di adattamento e trasformazione è una capacità coordinativa generale e più precisamente quella che ci consente di adattare e trasformare il programma motorio in corso, in relazione al mutare improvviso della situazione. Essa quindi presuppone, quale pre-requisito senza il quale non è possibile allenarla, la capacità di riconoscere gli stimoli sensopercettivi ed eventualmente, se ve ne sono diversi, di compiere una discriminazione fra di essi, per adeguare la propria risposta motoria alle differenti situazioni via via riconosciute.

Va da sé la grande importanza che tale capacità riveste per uno sport come la pallacanestro, che richiede il possesso di open skill, cioè di abilità motorie da adattare ad un contesto sempre mutevole: un giocatore evoluto deve infatti saper leggere in autonomia le situazioni sul campo e il suo livello dipenderà non solo dalla correttezza delle sue letture, ma anche dal tempo che gli sarà necessario per fornire le risposte che il gioco di volta in volta gli richiederà.

L’età del minibasket è un’età d’oro per il miglioramento di questa, come di tutte le altre capacità coordinative, in quanto è assodato scientificamente che ciascuna capacità possiede una specifica fase sensibile d’apprendimento, proprio nell’intervallo che va grosso modo dai 6/7 agli 11/12 anni.

Prendiamo un gioco e ragioniamoci su.

Proviamo a ragionare su quale possa essere un traguardo di competenza rispetto alla capacità di Adattamento e trasformazione, a partire da un gioco di fase centrale proposto nel libro Insegnare il minibasket (la cui realizzazione è stata curata dallo Staff nazionale minibasket), appunto per il quadro delle Competenze. Ritengo infatti che più del bisogno di giochi sempre diversi, vi sia la necessità di capire il senso profondo di quelli cui abbiamo già accesso, perché credo che tale comprensione possa consentire all’istruttore di utilizzarli come spunto per trovare delle soluzioni personali.

I giocatori sono posti a coppie nelle tre postazioni, quelli della squadra con potere hanno la fronte rivolta a canestro, gli altri le spalle, e giocano tutti a specchio con palla e senza palla (fig.1). Lo specchio è guidato da chi ha il potere nella coppia, in questo caso dai blu.  I fondamentali d’attacco, con e senza palla, sono lo strumento tecnico del gioco.

L’attivatore è il giocatore senza palla della squadra col potere, che, quando vuole, interrompe lo specchio e si muove per ricevere il pallone dal compagno sul lato sinistro del campo, per poi andare al tiro (fig. 2).

Una volta passata la palla, il passatore si muoverà a sua volta per ricevere dal terzo compagno ed andare anche lui al tiro (fig. 3). I giocatori dell’altra squadra, i cui movimenti non compaiono esclusivamente per evitare confusione, fanno lo stesso (uguale lato di uscita).

La squadra che realizza per prima con entrambi prende punto e potere.

Ricordiamoci di lasciare i bambini liberi d’interpretare il gioco autonomamente. I giochi di potere sono infatti giochi di decision making. Quindi i movimenti presenti nei diagrammi non intendono standardizzare gli spazi, ma soltanto facilitare la comprensione nella lettura.

Non dimentichiamo inoltre che, utilizzando entrambe le metà campo, si possono tenere impegnati fino a 12 bambini alla volta e quindi, pur essendo un gioco di fase centrale in cui sono previste delle file, il carico motorio può facilmente rimanere elevato anche con gruppi molto numerosi.

Cerchiamo però adesso di comprendere perché tale carico sia altamente funzionale ad allenare la capacità di adattamento e trasformazione.

Perché è adattamento e trasformazione? 

La situazione iniziale pone le coppie impegnate in un preciso programma motorio, in cui quelli che hanno il potere controllano i movimenti avanti e indietro e gli altri sono costretti ad adattare specularmente il proprio movimento. Nel frattempo è richiesta a tutti grande attenzione sull’attivatore. Egli infatti fornisce, quando vuole, uno stimolo visivo di uscita dallo specchio, si gira e dà il via alla sfida. Tale stimolo, una volta percepito dal compagno, innesca l’adattamento alla nuova situazione e attiva quindi la trasformazione del suo programma motorio, facendogli interrompere lo specchio per eseguire un passaggio. Se il gioco si fermasse qui, non sarebbe di una complessità tale, da poterlo utilizzare per sviluppare una competenza rispetto alla capacità. Ma il gioco continua: chi ha passato la palla dovrà adattarsi nuovamente e giocare senza palla per ricevere dal terzo compagno, a cui avrà fornito uno stimolo visivo e/o uditivo per innescarne il passaggio. Proprio in questo momento per esempio vi potrebbe succedere di notare che a volte i bambini, dopo aver passato la palla, perdono un tempo di gioco, rimanendo per un attimo fermi in maniera inconsapevole, prima di riconoscere quel che è successo e trasformare quello che facevano in qualcos’altro. La situazione è cioè costruita volutamente per allenare l’adattamento e trasformazione.

Sia chiaro, in ogni gioco minibasket tutte le capacità coordinative sono messe in campo: in questo caso ad esempio il controllo motorio, sin dalla situazione di partenza, è innegabile; anche la capacità di combinare in rapida successione due atti motori, come il passare e il correre per provare a ricevere dal compagno; ovviamente anche la capacità di orientarsi rispetto alla palla, ai compagni e al canestro e quella di differenziare dinamicamente e cioè di dosare la forza del passaggio in base ad angoli e distanze sempre mutevoli etc.

Ma rispetto a queste capacità è un gioco significativo? Lo è in relazione al quadro delle competenze?

Non potendo isolare la capacità coordinativa che vuole allenare, un istruttore dovrà cercare di comprendere:

  • qual è la capacità prevalente in un dato gioco,
  • che livello di acquisizione di quella capacità il gioco richiede ai bambini.

La sfida stimolante è trovare giochi significativi per la capacità scelta ed in misura adeguata al quadro.

Ad esempio in questo caso il gioco proposto poggia sulla capacità di adattamento e trasformazione, perché essa sostiene maggiormente il compito, essendo quella attraverso cui i bambini possono risolverlo. La richiesta in termini di adattamento è presente in tutte le postazioni, ma risulta massima e altamente significativa soprattutto per il giocatore che effettua il primo passaggio e che poi dovrà a sua volta ricevere dal compagno. Sarà dunque cura dell’istruttore assicurarsi che i bambini cambino sempre posizione, o attraverso l’inserimento di una rotazione nelle file o, credo ancora meglio in termini di competenza attentiva, richiedendogli autonomia nell’organizzarsi provenendo da un’unica fila e ricordandosi di vigilare che ciò effettivamente accada.

Ricaviamo le nostre varianti.

Il libro propone quindi una variante molto semplice.

Variante 1: il lato di uscita dallo specchio per i giocatori senza palla non è più obbligatorio, ma chi ha il potere può scegliere di ricevere da uno dei due compagni (fig. 4). L’avversario senza palla deve uscire dallo stesso lato.

A questo punto, bisogna riflettere a fondo sulla natura della modifica, chiedersi se risulta significativa per la capacità di adattamento e trasformazione e, in caso affermativo, comprenderne il perché, in modo da poter ricavare una chiave generale, che ci permetta poi di personalizzare il gioco in maniera coerente ed autonoma.

La variante appena citata, ragionandoci su, procura due effetti:

  • quando il lato di uscita è obbligatorio, dopo un po’ di tempo il gioco rischia di standardizzarsi, perché per ciascuna delle postazioni è previsto un compito motorio ben preciso, sebbene in uno spazio e in un tempo sempre imprevedibile. Se invece rendiamo libero il lato di uscita, l’attenzione richiesta sarà sicuramente maggiore. La variante è quindi certamente di tipo cognitivo ed interviene anche sulla motivazione;
  • tuttavia risulta molto significativa anche dal punto di vista motorio e, rispetto alla capacità di adattamento e trasformazione, determina una crescita del grado di complessità. È dimostrato infatti scientificamente (cfr. legge di Hick) che il tempo di reazione rispetto ad uno stimolo cresce proporzionalmente al numero degli stimoli da riconoscere e/o discriminare. Per farla breve, se nella prima variante i giocatori con palla si attendono un solo stimolo sul quale adattare il loro programma motorio, nella seconda variante i potenziali stimoli attesi sono due (compagno che esce dallo specchio per chiedere la palla o a me, o all’altro compagno), con due diverse possibili trasformazioni. 

Da ciò si può ricavare che il numero degli stimoli da riconoscere e il tempo concesso per trasformare il proprio programma motorio sono collegati e sono gli elementi su cui intervenire per una variazione didattica significativa nei giochi di adattamento e trasformazione.

Compreso ciò, sarà possibile muoversi più agilmente anche all’interno dello stesso gioco e proporre delle varianti personali. Il principio di concedere ai bambini sempre il TEMPO e l’OPPORTUNITÀ di esercitarsi efficacemente sul compito ci guiderà nella scelta del numero e della tipologia delle varianti da inserire in una stessa lezione; attraverso di esse potremo anche riproporre il gioco nel corso della stagione con delle complessità crescenti.

Ecco alcuni esempi, ma molti altri se ne potrebbero fare:

variante 2: quando l’attivatore dà il via alla situazione, il suo avversario senza palla è libero di uscire anche dal lato diverso (fig. 5) Ciò aumenta l’imprevedibilità della situazione e quindi degli stimoli attesi.

variante 3: il giocatore passa e riceve dall’attivatore, poi va al tiro (fig. 6), sarà quindi l’attivatore che si muoverà per ricevere dal terzo giocatore (fig. 7). Per aumentare l’imprevedibilità, si potrebbe anche permettere alla squadra con potere di scegliere tra questa modalità e quella iniziale e dare l’obbligo alla squadra avversaria di fare la stessa scelta;

variante 4: durante lo specchio iniziale, al segnale CAMBIO, gridato dall’istruttore, il giocatore col potere (blu) senza palla sceglie con quale compagno cambiare postazione. Il rosso senza palla cambia postazione allo stesso modo (fig. 8), il gioco poi continua normalmente, ma sono cambiate le postazioni di partenza, i giocatori senza palla si trovano infatti in una delle due postazioni a metà campo (fig. 9);

variante 5: durante lo specchio iniziale, al segnale GIRO, gridato dall’istruttore, le coppie ruotano nel senso scelto dal giocatore senza palla blu col potere (fig. 10), poi come prima il gioco continua normalmente, ma sono cambiate le postazioni di partenza (fig. 11);

variante 6: le due varianti, CAMBIO e GIRO, possono essere mantenute contemporaneamente, proprio secondo il principio della somma degli stimoli per ottenere un ulteriore aumento della complessità.

Tali varianti aumentano il numero dei potenziali stimoli e inseriscono variabili spaziali, poiché spostano la posizione della coppia senza la palla. La situazione, altamente in funzione del gioco e così diversificata nella dimensione spazio/temporale, richiede una piena competenza da parte dei bambini.

Ma attenzione ai salti di quadro!

Un’ultima riflessione: il tempo, come tutti sappiamo, è strettamente collegato allo spazio e quindi ad esempio l’avvicinamento a canestro delle due coppie con palla, complicherebbe senza dubbio il gioco. Infatti, restringendo lo spazio a disposizione dei ragazzi, si contrarrebbe il tempo concessogli per adattare e trasformare. Per questo motivo, nella fase di progettazione di una lezione, è molto importante considerare la dimensione spazio/temporale dei giochi e valutarne con attenzione una modifica, poiché si rischia di facilitare/complicare eccessivamente il gioco rispetto al quadro di riferimento.

Così lo stesso gioco, proposto a campo intero, sarebbe adeguato ad un gruppo alla fine del percorso abilità e che si avvia verso le competenze (fig. 12), mentre con le coppie con palla sulla linea dei 3 punti (fig. 13) sarebbe troppo complesso anche per un quadro di competenze e più adatto in una fase successiva, che potremmo definire di “super competenze”.

Dunque, una volta compresa la logica alla base di un gioco, esso cesserà di essere un gioco qualsiasi da riproporre acriticamente, ma potrà diventare una chiave di volta per muoversi all’interno di quella capacità, trovando le proprie soluzioni.

Rem tene, verba sequentur!

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Istruttore nazionale e docente formatore minibasket per la regione Sicilia, allenatore di base CNA, responsabile minibasket per la Zannella Basket Cefalù dove allena gruppi aquilotti, esordienti e Under 13, assistente allenatore in BF con Alma Basket Patti, insegnante nella scuola secondaria di II grado.