Esempio di lezione per prime conoscenze: uno chef in palestra

Una lezione per categoria Pulcini e Paperine (5-6 anni) che ha come obiettivo quello di sviluppare la senso-percezione tattile.
Esempio di lezione per prime conoscenze: uno chef in palestra

Essere un Istruttore Minibasket significa attuare sempre una mediazione tra ciò che abbiamo imparato durante i corsi o da altri istruttori e ciò che siamo come persone, il modo di stare in campo, la relazione con i bambini e il come ci approcciamo a loro. Se aspetti come relazione, empatia ed emozione sono fondamentali durante tutto il percorso di crescita del bambino, un riguardo particolare deve essere riservato ai piccoli di 5-6 anni, la categoria Pulcini e Paperine. Il quadro delle prime conoscenze è quello più distante dalle categorie senior, sia in ordine cronologico sia tecnico. Questa distanza spesso rende più difficile capire e mettere in pratica le giuste metodologie di educazione alle attività sportive.

In questo contesto, la prima riflessione che sorge spontanea è cercare di ricreare in palestra un clima favorevole e stimolante, dove il bambino possa pian piano riconoscere di far parte di un ambiente sicuro, senza pericoli e dove possa liberamente dedicarsi all’esplorazione e al gioco.

Accogliere un bambino di 5-6 anni in palestra significa accogliere anche le sue paure, i timori e le aspettative verso il mondo del basket. Non serve un grosso sforzo per capire la grande responsabilità affidata agli istruttori che devono accompagnare nei loro “primi passi in palestra” questi bambini. Da quei primi passi deriveranno infatti sicurezza, autostima, fiducia in se stessi e la propensione ad essere collaborativi con l’istruttore e i compagni.

La strategia più efficace per l’accoglienza in palestra è quella di recuperare uno spazio intimo e affettivo. Ridurre la distanza tra l’istruttore e i bambini permette di calibrare il tono di voce, incuriosendo e attirando la loro attenzione. Fisicamente, non ci sarà un adulto davanti ai bambini, ma un adulto assieme ai bambini. Questo dunque permetterà di fare una prima “analisi” di chi avrà più bisogno della nostra rassicurazione, incoraggiamento o conforto e di chi invece sarà da subito più esuberante e sicuro.

Una volta attivata la loro curiosità, l’istruttore deve cercare di catturare la loro attenzione usando la fantasia, coinvolgendoli in un racconto dove sono loro stessi i protagonisti attivi e dove, con il nostro aiuto, troveranno soluzioni motorie adeguate ai problemi incontrati.

In questo senso, ciò che attiva le azioni del bambino è l’emozione, che risulta quindi uno strumento motivazionale potentissimo nelle mani dell’istruttore. Dato che l’emozione è un argomento fondamentale per capire l’importanza di questa metodologia, sarebbe necessario, ma anche molto dispersivo, parlare in maniera più approfondita dei meccanismi emotivi che nascono nei piccoli giocatori.

Per cercare di approfondire l’argomento e favorire spunti di riflessione, prenderò come esempio la realizzazione di una lezione per la categoria Pulcini e Paperine che ha come obiettivo quello di sviluppare la senso-percezione tattile. In questa fase dello sviluppo del bambino infatti, gli obiettivi dell’istruttore non dovrebbero essere le capacità coordinative, come nelle categorie superiori, ma i prerequisiti fondamentali per la loro formazione, ovvero gli schemi motori di base (lanciare, afferrare, correre, saltare, ecc.) e le senso-percezioni (visive, uditive, vestibolari e tattili).

La lezione utilizza la strategia dell’affabulazione, coinvolgendo i bambini in un’attività ludico-motoria dal titolo: “Mani in pasta! Uno chef in palestra”.

Un consiglio generale per sviluppare i cosiddetti prerequisiti fondamentali usando l’affabulazione, è quello di utilizzare situazioni prelevate dall’esperienza quotidiana del bambino e i suoi interessi, come cartoni animati, super-eroi, macchinine ecc...

“Mani in pasta! Uno chef in palestra”

  • Grembiule, cappello e colori

Sotto la guida dell’istruttore, che in ogni fase giocherà insieme a loro, diremo ai bambini di mettersi il grembiule, toccando le parti del corpo interessate. Poi, suggeriamo loro di munirsi di fantasia e colorare il grembiule, ovvero andare a toccare i vari colori presenti in palestra e usarli per toccare con le mani il proprio corpo, in punti diversi.

Per stimolare ancora di più questo aspetto, possiamo dire loro di non poter usare la stessa parte del corpo per colorare con colori diversi. Ad esempio, se il bambino ha usato la mano sinistra per dipingere di verde il grembiule, non potrà usarlo per dipingere col rosso, e via dicendo. In questo modo, i ragazzi sono stimolati ad usare più parti del corpo. Inoltre, possiamo far notare che non arriviamo bene a colorare la schiena, una parte del corpo molto importante da far “scoprire”. I bambini dovranno quindi aiutarsi, collaborando per un fine comune.

  • Lavarsi le mani 

A questo punto, non possiamo certo scordarsi di “lavarsi le mani”. Infatti, consigliamo ai bambini di correre in mezzo al campo a “inzuppare” le mani nei cerchi blu (che con l’aiuto della fantasia diventeranno bacinelle di acqua) distribuiti nel campo dall’istruttore, alternando a questi alcuni cerchi gialli, i distributori di sapone.

  • Pronti per cucinare

Adesso, diamo ai bambini della palline piccole morbide (utilizzare palle di diverse grandezze e consistenze è fondamentale per il nostro obiettivo), che diventeranno il nostro impasto da lavorare. Correndo, possiamo invitare i bambini a maneggiarla come vogliono, con entrambe le mani o con altre parti del corpo (per dare spazio alla fantasia).

Le palline di impasto hanno poi bisogno di  aria per lievitare. Perciò, quando sono state abbastanza impastate, possono essere lanciate in aria per accelerare il processo, cercando di non farle cadere. Se la pallina cade, ricordiamo ai bimbi di andare a lavarla nei cerchi, insieme alle mani.

  • Lezione di cucina

Fatta lievitare, la pasta diventerà sempre più grande, quindi sostituiremo le palline morbide utilizzate finora con i palloni easy. Così, cominciamo a spianare la pasta facendola rotolare nel campo utilizzando tutte le parti del corpo.

Ricordiamo loro inoltre che in cucina ci sono molti attrezzi da poter utilizzare:

  • Batticarne: provare a palleggiare con pugno chiuso.

  • Coltelli: provare a palleggiare con mano aperta di taglio.

  • Spatola: Usare il dorso della mano per palleggiare

  • Chiedere ai bambini di immaginarne altri ancora più bizzarri.

Fino a questo punto, i bambini si sono esercitati sul compito giocando. In questa fase, l’attenzione dell’istruttore deve essere rivolta al coinvolgimento di tutti i bambini ed a trovare il giusto rapporto tra carico motorio e affabulazione. Ricordiamo infatti, che questa strategia didattica non serve per intrattenere i bambini in lunghi racconti, ma come mezzo per motivarli all’azione, usando la fantasia, un canale importantissimo della loro mente.

Ad un certo punto, pur utilizzando moltissime variabili di gioco, inevitabilmente la loro attenzione comincerà a calare. Questo diventerà il momento giusto per offrir loro un ulteriore input, introducendo un “attivatore emozionale”, un imprevisto, o anche solo tramite un semplice disturbo che riattivi emozione ed entusiasmo nella lezione. Ad esempio:

  • La cucina è infestata!

Alcuni bambini diventeranno dei topolini dispettosi che cercheranno di toccare, e quindi sporcare, le palline di pasta che gli altri stanno preparando. Se la pasta viene sporcata dai topi, gli altri bambini devono subito correre a pulirla ed a lavarsi nuovamente le mani per poter ricominciare a preparare. Nello strutturare una lezione del genere, fare molta attenzione a non prevedere mai l’esclusione di nessun bambino dal gioco, per esempio lasciandolo temporaneamente fermo fuori dal campo, perché questo potrebbe minare la fiducia nelle sue capacità. Nel caso qui presentato infatti, oltre a non essere prevista l’esclusione, “l’insuccesso” del bambino lo fa esercitare ancora sul suo compito. Se la palla del bambino-chef viene sporcata dal topolino infatti, il bambino-chef dovrà correre a pulirla e a lavarsi le mani di nuovo, e non fermarsi a lato del campo.

  • Inforniamo!

Sempre cercando di non far sporcare la pallina di pasta dai topolini, chiediamo ai bambini di iniziare a farcirle con vari gusti (ovvero farle rotolare nei cerchi di diverso colore) e poi cercare di metterle nei “forni”, i canestri,  per far cuocere l’impasto, utilizzando il punteggio easy (3pt canestro; 1pt ferro).

Arrivati all’obiettivo della “cottura perfetta”, ovvero fare 3 punti easy, il bambino può andare fuori dal campo a prendere un cinesino, che nell’affabulazione diventerà un ordine, e portarlo a metà campo, dove diventerà un pasto servito. Per aumentare la difficoltà, gli chef dovranno portare gli ordini utilizzando sempre parti del corpo diverse.

Nella fase finale della lezione è possibile proporre una partita, cercando di includere tutti e di rispettare tempi e spazi di apprendimento. Infatti, si consiglia di fare delle mini-partite 2vs2, e di non sprecare il tempo di attesa di chi rimane fuori facendolo muovere ed esercitare sull’obiettivo.

  • Sfida tra ristoranti

Durante la partita 2vs2, l’istruttore può proporre una sfida tra ristoranti. I piccoli chef fuori dal campo incoraggeranno i propri compagni seguendo le loro azioni (ovvero muovendosi ai bordi del campo a seconda di dove va il pallone) e facendo rumore utilizzando le varie parti del corpo (con applausi, battendo i piedi o le mani sul pavimento). Per aumentare l’attenzione su quello che sta succedendo in campo, l’istruttore può incaricare i bambini fuori dal campo di prendere gli ordini (i cinesini messi in un cerchio) e portarli nel proprio ristorante ogni volta che la propria squadra riesce a conquistare 3pt easy.

Durante tutto l’allenamento, l’istruttore deve utilizzare un linguaggio specifico. Ogni passo deve essere guidato ma non prescritto dall’adulto. Per far questo, l’istruttore deve attivare le preconoscenze e il pensiero dei bambini con domande come “Cosa serve per...? Come posso fare a…? Conoscete…? Avete mai visto…?”, e stimolare la “sfida” chiedendo: “Vediamo chi riesce a… Proviamo a…”.

In conclusione, è importante ricordare che in ogni istante di Minibasket l’istruttore sta lasciando al bambino non soltanto un bagaglio di nozioni e procedure, ma anche un segno in una persona che sta costruendo la struttura del proprio pensiero e la percezione del proprio talento. Dobbiamo averne cura con responsabilità e consapevolezza. 

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Postato da Marco Innocenti

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Istruttore Nazionale Minibasket e Formatore Minibasket.
Laureando Scienze della Formazione.
Forestale.