Vintage basket: analisi tattica di una partita di Team USA nel 1996

Il 6 luglio del 1996 il Dream Team III giocò una partita amichevole contro una selezione collegiale U22.
Vintage basket: analisi tattica di una partita di Team USA nel 1996

Nel mese di luglio scarseggia il basket da vedere in TV o in streaming: a parte le partite delle varie nazionali giovanili e senior, il circuito ufficiale di 3X3 e qualche summer league questo è periodo di mercato, workout individuali e di aggiornamento professionale.

Proprio alla ricerca di qualche spunto interessante da carpire a qualche coach, tra un video e l’altro su youtube l’algoritmo mi propone una partita giocata il 6 luglio del 1996, la prima ufficiale del "Dream Team III" in preparazione delle trionfali Olimpiadi di Atlanta contro una selezione di giocatori Under 22 provenienti dal college capeggiati dai futuri campioni NBA e Hall of Famers Tim Duncan, Chauncey Billups e Paul Pierce.

La nazionale USA vinse non senza difficoltà 96-90 una partita che li vide sotto di 17 punti a fine primo tempo ed in cui dovettero rimboccarsi le maniche nel secondo tempo per non incorrere in una figuraccia. Qui potete trovare il boxscore della partita. 

Quella partita mi ha attratto per due motivi: per i giocatori coinvolti nelle rispettive squadre che hanno acceso un po' di nostalgia canaglia e per avere uno spaccato di come si giocava a metà degli anni 90.

Se il roster di Team USA è scritto nei libri di storia quello della selezione Usa U-22 era molto variegato e ci riguarda da vicino perchè al fianco dei sopracitati Hall of Famers, spiccavano i nomi di alcuni ex del nostro campionato:

  • Anthony Parker per un lustro ha dominato in Europa con la maglia del Maccabi Tel-Aviv, salvo una parentesi a Roma per tornare da protagonista in NBA a Toronto e Cleveland
  • Louis Bullock fu lanciato sul mercato europeo da Verona, poi passò a Milano ed ebbe una discreta carriera ad alto livello con il Real Madrid.
  • Geno Carlisle fu protagonista di qualche annata italiana tra il 2001 e il 2003, arrivato a suon di canestro a Varese, poi ingaggiato da Avellino e infine catapulato a Ferrara.
  • Toby Bailey nel 1996 era in rampa di lancio dopo aver vinto il titolo NCAA con UCLA ma si perse nelle minors europee fino a una comparsata a Imola nel 2002.
  • Pete Lisicky non riuscì mai a sfondare dopo il college arrivando in europa a Vacallo poi si sfuggita alla Benetton e chiuse la sua esperienza italiana a Avellino.
  • Cory Carr fu una stella del campionato israeliano e francese ed arrivò in Italia nel 2007 per una stagione deludente a Montecatini in Legadue.
  • A roster per la nazionale Under 22 anche futuri gregari NBA come Austin Croshere, Maurice Taylor, Brian Skinner e Brevin Knight, oltre a giocatori che hanno sbarcato il lunario nel vecchio continente come Shea Sheals (miglior marcatore della partita con 20 punti, forse quello fu il momento più alto della carriera) e Tim Young
  • A chiudere il roster lo sconosciuto Sam “Slammin” Okey, ala fisica di 204 cm che si mise in mostra a Wisconsin ma della cui carriera si sa poco ed è presumibile sia durata anche meno.

Fa strano come Chauncey Billups, MVP delle finali NBA del 2004 e nazionale iridato nel 2010, fosse il cambio di Brevin Knight di quella selezione il floor general e leader carismatico, mentre Paul Pierce fosse anch'egli la riserva di Shea Seals. Tim Duncan invece giocò una partita solida (come ognuna delle sue 1392 nella NBA) duellando contro il suo futuro compagno di squadra David Robinson, tenendo testa a Shaquille O'Neal ma andando in difficoltà contro Hakeem Olajuwon (d’altronde chi non è andato mai in difficoltà contro "Hakeem The Dream").

Per Team USA invece da segnalare la partita svogliata di Shaq, la solita verve (e gioco fisico) di Charles Barkley, le polveri bagnate dei tiratori - in particolare Reggie Miller - e la grande intelligenza cestistica di Scottie Pippen che fu il "risolutore" della gara in favore degli olimpionici.

Veniamo alla partita e facciamo un po di contesto: per Team USA fu il primo test ufficiale, la stagione NBA era finita da poco, la squadra non aveva un vissuto come le nazionali europee che fanno raduni lunghi e giocano insieme da anni, ma era una selezione di stelle consapevole di essere imbattibile anche con pochi allenamenti sulle spalle e in condizioni fisiche non ottimali. Le rotazioni erano da sperimentare, gli equilibri ancora da trovare, l’attacco da costruire e la difesa da registrare. Lenny Wilkens e il suo staff sapevano di dover gestire un gruppo di fenomeni che aveva solo bisogno di un impianto di gioco semplice e un po' di movimento di palla per tenere tutti coinvolti e sul pezzo.

La Nazionale Under 22 affidata a coach Mike Montgomery, al tempo uno dei migliori del college basket a Stanford - poi visto anche in NBA ai Warriors con poche fortune - era invece agguerrita, i giocatori sentivano l’opportunità di mettersi in mostra e giocarono una partita memorabile.

Ne viene fuori una partita divertente, in cui Team USA dopo aver cazzeggiato nel primo tempo nel secondo tempo alzò l’intensità difensiva e riuscì a spuntarla ma non senza sudare le proverbiali sette camicie. 

Come giocava Team USA

Team USA giocava una semplice idea di "3-2 Motion offense" per sfruttare al massimo la fisicità e il talento che aveva sotto canestro (i lunghi della nazionale segnarono 59 punti contro i 37 degli esterni sui 96 totali): 1 in punta, due esterni in posizione di ala, il primo rimorchio che prendeva posizione in post basso e dichiarava il lato forte, il secondo rimorchio che si posizionava in post alto lato debole per poi scendere in post basso (frame 1). Palla sul lato del post basso e veniva cercato il passaggio spalle a canestro mentre 1 e 3 si scambiavano di posizione bloccandosi a vicenda.

Poteva essere un blocco diagonale di 1 per 3 o se 3 arrivava in anticipo, era lui che bloccava cieco per 1 (frame 2). In ogni caso se non c’era palla dentro veniva cercato 3 in punta che ribaltava il lato per 1 che giocava di nuovo palla dentro con il secondo lungo (frame 3).

Semplice, scolastico, niente di elaborato, ma tutto funzionale al talento di Team USA.


Unica divagazione alla Motion Offense un gioco di doppie uscite per i tiratori che se non avevano spazio e vantaggio per tirare, giocavano nuovamente per i lunghi spalle a canestro (frame 7) rientrando nei meccanismi basici della Motion.

 


Come detto, poco Pick & roll e giocato come situazione estemporanea: a parte un paio di occasioni in cui Stockton e Malone lo giocarono a sorprendere la difesa (eppure il pick & roll era il loro marchio di fabbrica), venne usato quello laterale con angolo vuoto alla fine della corsa in transizione, sempre con l’idea di convertirlo in un tiro veloce.

Come giocava Team USA U-22

Team USA U22 invece giocava in modo più organizzato e rigido come da prassi per il basket NCAA da cui proveniva Montgomery: per loro un gioco base strutturato sulla prima collaborazione della Flex Offense. Partenza 1-4, il play prendeva un lato e chiamava il lungo opposto a salire per ricevere il passaggio di entrata (frame 4). Con palla a 4 c'era il blocco cieco di 5 per 3 (frame 5).

Se 3 non riceveva liberava lo spazio e si giocava per 5 con un passaggio dentro di diretto o coinvolgendo nuovamente il play come sponda. Mentre la palla tornava sul lato forte, 3 usciva da un doppio blocco sul lato debole (frame 6).


Anche Team USA U-22 giocò qualche Pick & Roll, chiamato con il segnale del “pugno chiuso”. Sempre partendo dalla stessa strutturazione 1-4, il lungo chiamato a salire anzichè ricevere andava a portare un blocco sulla palla aprendosi per un pop corto a favorire la penetrazione del play (frame 8).

 


Basket anni 90' baby!

Da un punto di vista tecnico/tattico il gioco ricalcava il basket anni 90: tanto uso del post basso (e d’altronde se hai in squadra Barkley, Malone, Shaq, Robinson e Olajuwon…), area sempre piena di corpi, esterni che per arrivare al ferro dovevano slalomeggiare avversari e compagni, tanto uso del tiro piazzato dai 5-6 metri e discreto uso del tiro da tre punti per Team USA - vista la vicinanza della linea (6.25 al tempo) rispetto a quella NBA - e per la selezione Under 22 abituata alla pallacanestro collegiale che prevedeva un alto numero di tiri da oltre l'arco. 

Le due squadre giocarono per tutta la partita con una rigida impostazione dei ruoli: il play a comandare il gioco, la guardia e l'ala piccola che si muovevano sui blocchi e due lunghi puri che giocavano vicino a canestro senza quasi uscire dai tre punti. In modo molto pragmatico e da vero condottiero Lenny Wilkens sperimentò per qualche minuto un quintetto piccolo con Grant Hill da 4 tattico per alzare un po' i ritmi di gioco a inizio ripresa, poi per fare ancora più pressione sotto canestro (sia difensiva che offensiva) virò verso un assetto con le due torri schierando David Robinson da 4 e Hakeem Olajuwon da 5.

La Nazionale U22 invece aveva uno dei punti di forza nell’intercambiabilità nelle posizioni di 2 e 3 e in quella tra 4 e 5 e proprio questo mise in difficoltà Team Usa che in particolare nel primo tempo venne punita ripetutamente dal gioco dentro-fuori dei collegiali.

Male l'attacco di Team USA contro la zona messa in campo dalla selezione U22: "solo" giro palla, cercando nel movimento generale di appoggiare palla sotto per l'1c1 spalle o il pertugio per un tiro da fuori. D'altronde in NBA ai tempo la zona era vietata quindi è anche comprensibile un attimo di spiazzamento per gli NBAers. Unico in grado di leggere il gioco come un libro aperto anche contro la zona Scottie Pippen con i suoi tagli flash da lato debole.

Di Pick & roll ne ho contati una dozzina scarsa, in spaziature che oggi sarebbero considerate “sbagliate”. In compenso ho visto tante volte delle gigantesche infrazioni di passi in partenza sorvolate in modo compiacente dagli arbitri.

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Postato da David Breschi

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Graphic & WebDesigner.
Allenatore di base.
Scrive di NBA per @lUltimoUomo.
Will Ferrell & John Belushi lover.