Vintage basket: la Triple Post Offense dei Los Angeles Lakers di Shaq e Kobe

L'attacco triangolo che i Lakers giocarono nella partita dei 61 punti di Shaq il 6 marzo 2000 contro i Los Angeles Clippers
Vintage basket: la Triple Post Offense dei Los Angeles Lakers di Shaq e Kobe

Ormai sono entrato nel loop delle partite vintage. Stavolta l’algoritmo di Youtube mi porta sul canale ufficiale della NBA e mi propone la partita dei 61 punti di Shaquille O’Neal che il 6 marzo 2000 festeggiò il suo 28° compleanno siglando il proprio career high.

I Los Angeles Lakers uscirono vittoriosi nel derby contro i Los Angeles Clippers per 123-103 giocando con il freno a mano tirato come da prassi nel periodo post All Star Game a maggior ragione nella sfida che vedeva protagoniste la miglior squadra della NBA contro la peggiore.

Per i Lakers quello fu un anno trionfale in cui ottennero il primo dei tre titoli consecutivi, il primo dei Lakers post Magic e Kareem, il primo titolo di Phil Jackson senza Michael Jordan, il primo titolo della coppia Shaq e Kobe che al tempo sembrava destinata a durare in eterno.

I derelitti Clippers partirono forte, andando subito avanti nel punteggio mentre i Lakers deliziarono il pubblico dello Staples Center con la loro proverbiale superficialità, uno dei tratti distintivi in quel triennio in cui dominarono la NBA e di tanto in tanto si concedevano un turno di riposo. 

Per gli amanti del basket NBA anni 90, quei Clippers erano una squadra aberrante in campo ma di culto: in play c’era il giovane rookie Lamar Odom, che prima di diventare un giocatore decisivo nella seconda dinastia Lakers trovando la sua dimensione da point forward in uscita dalla panchina era stato insignito della difficile eredità di “Nuovo Magic Johnson” per il talento cristallino e la sua propensione al playmaking disseminata lungo 208 cm di altezza. Peraltro Lamar Odom arrivò ai Lakers in cambio di Shaquille O’Neal 5 anni dopo nella trade che portò "The Diesel" a Miami. 

Nel roster dei cugini sfigati dei Lakers come finto titolare c’era il mitologico Eric Piatkowski, tiratore letale in ogni NBA Live per playstation ma un po meno nella realtà tanto da lasciare velocemente il posto al più performante Derek Anderson, swingman capace di bottini realizzativi notevoli nei primi anni di carriera NBA, poi divenuto un gregario di buon livello.

Il leader di quella squadra era Maurice Taylor che, se ricordate il primo appuntamento di questa rubrica, fece parte della selezione Under 22 che giocò contro Team USA nell’esibizione del 1996. Presente nel roster dei Clippers ma assente contro i Lakers anche Brian Skinner, altro reduce della selezione Under 22.

A fare colore inoltre gli ex italiani Pete Chilcutt (a Trieste a metà anni ‘90), Charles Jones (che l’anno dopo giocò mezza stagione a Montecatini Terme) oltre ai titolari Michael Olowokandi (una delle peggiori prime scelte di sempre che durante il lockout del 1999 venne ingaggiato per 3 mesi dalla Virtus Bologna lasciando alzato più di un sopracciglio) e Tyron Nesby (sbarcato poi a Varese nel 2004 al termine della sua breve carriera NBA da 9,5 punti di media in 255 partite). Ex del nostro campionato anche Anthony Avent, per 16 partite alla Phonola Caserta nel 1991 da giovanissimo, poi cambio di Shaq ai Magic e infine cambio di Olowokandi ai Clippers.

Allenatore dei Clippers l’ex leggenda dei Boston Celtics Chris Ford, prima da giocatore (autore del primo canestro da tre punti della storia NBA), poi da assistente e infine come coach. Nel suo staff un’altra leggenda dei Celtics com Dennis Johnson e… Kareem Abdul Jabbar, il grande ex dei Lakers.

Per i Lakers attorno a Shaquille O’Neal e Kobe Bryant nomi che chiunque abbia masticato un po di basket NBA a inizio secolo sicuramente conosce: un giovane Derek Fisher insieme ai più scafati Robert Horry, Brian Shaw (ex Messaggero Roma) e Rick Fox in uscita dalla panchina, AC Green e Ron Harper come veterani nel quintetto e Glen Rice come terzo violino in posizione di ala piccola. 

Una squadra lunga, esperta, completa e matura che proprio in quella stagione 1999-2000, dopo diversi passaggi a vuoto e cocenti delusioni ai playoff, venne affidata a Phil Jackson e al suo Attacco Triangolo (non proprio suo… ma di Tex Winter, suo storico vice).

Ed è infatti questo il motivo principale per il quale mi sono sorbito una partita tutto sommato mediocre, per quanto il career high di Shaquille O’Neal sia una pietra miliare che la NBA giustamente ha provato a spingere tra i fans con una diretta streaming in tempo di Covid nel 2020.

La Triple Post Offense dei Lakers

L’obiettivo dell’attacco è disporre i giocatori in modo da formare uno o più triangoli (frame 1): nello schieramento iniziale i triangoli sono tre e tutti hanno per apice il giocatore in post basso, da qui il nome “Triple Post Offense” che abbrevierò in “TPO” da qui in avanti. 

Le posizioni da occupare nell’attacco sono:

  • La “Key” Position. Nel gergo comune è la posizione di ala.
  • La “Corner” Position. Giocatore in angolo lato forte.
  • La “Top of the Key” Position anche detta Defensive Balance Position. La posizione di punta.
  • La “Post” Position. Post basso lato forte.
  • La “Weakside Wing” Position. Post medio lato debole.

E’ un attacco positionless quindi non ci sono distinzioni di ruolo ma ogni giocatore deve saper e poter operare in ogni spot. Ad esempio chiunque può andare a occupare la posizione di post basso se ha un vantaggio nel farlo: contro i Clippers spesso la prima opzione in post basso fu Glen Rice che poi si defilava nel corso dell’azione per lasciare il posto a Shaq. 

Kobe Bryant in questa partita costeggiò l’attacco giocando da facilitatore ma quando fu il suo turno di reclamare possessi partiva spesso dal lato debole, Top of the key (da ora in poi “TOK”) o in “pinch post” (posizione in cui sale il giocatore che parte in post medio lato debole) per attaccare il canestro dopo il ribaltamento di palla.

Ci sono molti modi di entrare nell’attacco ed ognuno di essi genera un ventaglio di opzioni disponibili che i giocatori devono saper individuare, leggendo la difesa e agendo di conseguenza. Se volete approfondire la terminologia della TPO ed il suo sviluppo, sulle pagine di BasketballMinds potete trovare un esaustivo pezzo di coach Gabriele Pardini a riguardo mentre in rete è consultabile la guida di Joon Kim.

Per comodità identificherò con 1 il portatore di palla principale, con 2 il giocatore in linea che poi si accentra TOK, 3 il giocatore in ala, con 4 il giocatore lato debole, con 5 il giocatore in post.

Il passaggio che decide come iniziare il gioco nel gergo della TPO è detto “Pass N1” e viene letto dai giocatori sulla “linea della verità”. 1 deve entrare nell’attacco prima di quella linea cercando il giocatore a lui più vicino che può essere 3 in ala o 2 in guardia opposta (frame 2)

Con palla in ala inizia l’attacco triangolo vero e proprio con il “Pass N2” del giocatore in ala che ha 4 linee di passaggio descritte in ordine di priorità nel frame 3.

Se la palla arriva a 5, 3 e 1 tagliano a canestro attorno al post basso (frame 4) o incrociandosi/bloccandosi (frame 5) per lasciare spazio al post di giocare 1c1. Un'opzione della TPO prevede che il taglio di 3 finisca con un blocco per 4 (frame 6) che prova a rubare una ricezione in mezzo all’area.

Nota a margine: Steve Kerr, ex giocatore di Phil Jackson ai Bulls, usa massivamente gli split tra esterni con palla in post descritta nel frame 5 e l'opzione descritta nel frame 6 con i Golden State Warriors.

Se l’entry pass è per 1, 3 taglia a canestro agevolato dal blocco cieco di 5 che poi porta un blocco sulla palla in angolo a 1 (frame 7).

Che si entri nella TPO da palla in post o da palla in angolo, i giocatori che liberano il lato forte si dispongono nelle posizioni per giocare il triangolo sul lato opposto (come ad esempio nel frame 8 in caso la palla esca da post basso).

Se invece non è possibile giocare la palla sul lato forte 1 esegue il "Pass N1" a 2, e l’azione inizia sul lato opposto attivando quello che viene definita “Center Opposite action”, il fulcro iniziale su cui Tex Winter sviluppò il suo attacco studiando il vero inventore della TPO Sam Berry. 

Altra nota a margine: oltre ad aver inventato la Triple Post Offense, Sam Berry è stato colui che ha fatto togliere la regola che prevedeva la palla a due dopo ogni tiro libero e canestro negli anni 20, e l'inventore della regola dei 10 secondi (oggi 8) per passare la metà campo con la palla. Morì a 57 anni di stress perchè oltre ad allenare la squadra di basket di USC, allenava anche quella di baseball e di football americano, di cui era pure uno scout.

Con palla a 2, succede che viene cercato 4 in ala per comporre il triangolo iniziale sul lato debole (frame 9). Nella partita contro i Clippers Shaq arrivando come secondo rimorchio si posizionava in post basso lato debole e aspettava che la palla arrivasse sul suo lato. Quando invece arrivava come primo rimorchio e i Lakers giocavano la “Corner Opposite action”, sul ribaltamento il post basso veniva lasciato libero per il taglio di The Diesel.

Dopo la "Center Opposite Action" ed aver formato il triangolo iniziale sul lato, i Lakers entravano nella TPO classica.

Quando invece il “Pass N2” serve a ribaltare il gioco perchè non ci sono opzioni perseguibili sul lato forte, vengono chiamati in causa 2 in TOK e 4 in pinch post. 

Una delle letture più celebri dell’attacco triangolo, che oggi è possibile notare in molti attacchi è la situazione di “blind pig” (frame 10): 2 è anticipato, 4 taglia verso il post alto e riceve, 2 taglia backdoor per giocare a rubare con 4. Contro i Clippers non c'è stato modo di vedere in atto questo soluzione. Se invece 2 può ricevere, passa a 4 in pinch post e gioca dai e segui sul lato vuoto (frame 11).

Mentre 2 e 4 duettano in un senso o nell’altro tra loro, i giocatori rimasti sul lato divenuto debole collaborano tra loro per andare a formare lo schieramento a triangolo sul lato forte. 

La collaborazione principale prevista dalla TPO in questi casi è la “rebound screen action” (si chiama così perchè nel posizionarsi, se 2 e o 4 vanno al tiro, ci sono tre giocatori che sul lato opposto possono mettere pressione alla difesa andando a rimbalzo offensivo) ovvero 3 scende in post basso da 5 per piazzare un doppio blocco a 1 (frame 12). Da questa situazione il rebound screen viene “esploso” da lettura per sfruttare l’uscita di 1, la presa di posizione in area di 5 o 3 e in moltissimi altri modi (frame 13) per giocarsi il vantaggio o continuare a giocare la triangolo nelle spaziature corrette.

Nella partita contro i Clippers ci sono state occasioni in cui la palla è stata giocata sul lato forte ma senza il giocatore in angolo e quindi senza aver formato il triangolo iniziale. Quella situazione prende il nome di “Solo Action” e si verifica quando sul lato della palla c’è solo il passatore in ala e il post basso (frame 14).

Alla “Solo Action” è possibile arrivarci dal palleggio, da “Center Offense action” o da lettura se la situazione è favorevole.

Film Room

Conclusioni

Analizzare la Triple Post in questa partita è stato facile per due motivi:

  • La TPO è un attacco che ha bisogno di molto tempo, anni, per essere recepito e sviluppato, quei Lakers la giocavano da pochi mesi per cui eseguivano ancora in modo molto scolastico i precetti dell’attacco.
  • I Lakers in quella partita tennero un ritmo abbastanza basso giocando molto a metà campo, forse per recuperare energie (erano in back-to-back), forse per oliare qualche meccanismo con la scusa di una partita “facile”, forse per entrambi i motivi.

Solo i Chicago Bulls di Jordan e Pippen del secondo three-peat si sono spinti ad esplorare quasi tutte le letture della TPO e per ammissione di Phil Jackson i Lakers ne impararono meno della metà. A maggior ragione nel loro primo anno con questo sistema offensivo, e durante la partita in questione ci sono state molte azioni caotiche in cui i giocatori si pestavano i piedi o eseguivano in modo meccanico per lo sconcerto di Phil Jackson e Tex Winter che dalla panchina spesso scuotevano il capo.

In ogni caso, anche se al giorno d'oggi la Triple Post Offense nella sua forma più pura non è più utilizzata, rimane incredibile la quantità di concetti, movimenti e situazioni ereditati dall'attacco triangolo che sono presenti nei playbook di molti allenatori.


 

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Postato da David Breschi

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Graphic & WebDesigner.
Allenatore di base.
Scrive di NBA per @lUltimoUomo.
Will Ferrell & John Belushi lover.