Riflessioni e dettagli sull'insegnamento del tiro

Nella seconda e ultima parte del percorso sulla cura dei dettagli nell'insegnamento dei fondamentali offensivi parliamo di tecnica di tiro.
Riflessioni e dettagli sull'insegnamento del tiro

Questo articolo è strettamente collegato alla prima parte che potete trovare qui.

In questa ultima parte, parlando dei dettagli riferiti alla tecnica di tiro prenderò spunto da una importante ed interessante lezione tenuta da coach Federico Danna all’interno del progetto 914: uno studio che fa riflettere, che mette in discussione, in un certo senso, quello che crediamo certo nel nostro insegnamento mediante l’osservazione del comportamento dei giocatori sul campo.

Parto facendo riferimento ad un clinic di alcuni anni fa che potete trovare online di Giampiero Ticchi ed Adam Filippi, questi ultimi iniziarono a mettere in discussione alcuni dogmi legati al gesto tecnico del tiro.

Coach Ticchi in particolare faceva riferimento nella lezione alla necessità per un giocatore di eseguire il tiro partendo da una posizione comoda. Il tiro è un gesto biomeccanico e, per quanto giustamente i libri ne riportino l’ideale teoria, dobbiamo sottolineare come ogni atleta sia fisicamente diverso dall’altro e necessiti di un lavoro individualizzato.

Un altro aspetto che il coach metteva in discussione (o quantomeno su cui proponeva la sua riflessione) era la posizione in cui veniva portata la palla dagli atleti dopo la ricezione. Il suo pensiero derivava dall’osservazione di alcuni tra i migliori tiratori (in quel contesto Ray Allen e Nicolas Mazzarino), legato al fatto che questi campioni abbassassero sempre la palla prima di portarla nuovamente su per tirare. Questo concetto effettivamente mi fece riflettere molto. È pensiero comune infatti che la palla non debba essere abbassata, ma a seguito dell’osservazione del comportamento dei giocatori sul campo dobbiamo necessariamente rilevare che non è così. Il tiratore abbassa la palla per trovare armonia e mettere in linea tutte le forze che producono la spinta successiva. Da qui mi collego alla lezione tenuta da coach Danna: il suo pensiero in linea con quello di coach Ticchi porta addirittura a dare una definizione tecnica di questo movimento con il termine “DIP THE BALL” inteso come abbassare, intingere la palla (Foto 1, 2, 3, 4, 5).

Nella prima foto abbiamo ad esempio la ricezione di un passaggio nella quale Ray Allen abbassa la palla prima di portarla nuovamente su per tirare (le foto 1, 2 sono riprese dalla lezione di coach Danna e le successive della lezione di Ticchi).

Momento della ricezione
Dip the ball

Altro importante dettaglio che potete vedere nella prima immagine sono le gambe che non sono piegate durante la ricezione ma sono semi-flesse (foto 3). Questo consente durante il movimento di Dip di affondare piegando contemporaneamente gli arti inferiori e favorendo una spinta maggiore. Come detto l’obiettivo è la ricerca della massima armonia delle forze in questione, che finiscono insieme nel confluire favorendo le spinte nel gesto.

Parliamo adesso di come si comportano i piedi nell’atto di tiro, idealmente questi ultimi devono essere indirizzati al ferro ma nell’osservazione dei giocatori ed in funzione della comodità e della diversità fisica di ognuno notiamo come in molti casi (Steph Curry nella foto 3) alcuni tengano i piedi rivolti verso la mano opposta di tiro. Questa posizione per alcuni atleti con ogni probabilità è funzionale al rilassamento del cingolo scapolo-omerale nella ricerca di quella che abbiamo definito comodità del gesto.

Foto 3. Piedi opposti alla mano di tiro

È importante osservare alcuni dettagli durante il salto nell’atto di tiro, ovvero dove atterrare dopo aver eseguito il gesto.

Quello che sto per esporre penso valga per molti di noi allenatori: l’idea generale per anni è stata quella di insegnare come momento di ricaduta il punto in cui è partito il tiro (per rendere l’idea, è come se il giocatore cadesse dove ha lasciato le impronte delle scarpe all’inizio del salto). In realtà anche in questo caso, osservando i giocatori durante il movimento potremo notare che i tiratori terminano praticamente sempre (ove possibile in riferimento allo spazio a disposizione) il salto in avanti. Questo per dare migliore spinta soprattutto da distanze maggiori.

Nella foto 4 possiamo vedere il comportamento fisico di Jason Tatum dei Boston Celtics che nel primo fermo immagine salta per tirare e nel secondo atterra avanti rispetto a dove è partito.

Foto 4. Saltare avanti

Sempre dall’osservazione emerge come nell’atto del saltare i giocatori effettuano un movimento che viene definito “spazzata”, ovvero i piedi e le gambe si muovono spingendo in avanti con un movimento a “spazzare” (Foto 5). Le gambe durante il salto si muovono in avanti e non restano verticali.

Foto 5. "spazzata" le gambe si muovono in avanti

È importante aggiungere che il tiro dal punto di vista della continuità del movimento non sarà per tutti uguale. Dividiamo il gesto per questo in one motion e two motion, in sostanza nel primo caso la palla dopo la presa e il caricamento sale fino al rilascio senza interruzioni. Nel two motion invece viene portata in alto (sopra la fronte) “trattenuta” per un attimo e poi rilasciata. La cosa importante è che nessuno dei due movimenti è errato, ogni giocatore utilizza quello che è più funzionale a se stesso ed alle proprie caratteristiche e necessità fisiche.

La cosa più interessante di queste lezioni non è solo lo spunto di riflessione che inducono, ma il fatto di mettere in discussione le conoscenze e cercare di renderle migliori, comprendere che non esiste un unico movimento valido per tutti. È evidente che le linee guida sono la base e che il fondamentale vada conosciuto per poterlo insegnare, ma esiste quello più funzionale ed armonico in relazione alle caratteristiche fisiche dell’atleta. In particolare adesso farò riferimento a due movimenti o comportamenti eseguiti durante il gesto che teoricamente risulterebbero errati ma in alcuni giocatori portano al raggiungimento di un tiro efficace. Ricordiamoci che non dobbiamo correggere un gesto a priori ma è necessario comprenderne a fondo le motivazioni biomeccaniche.

 I movimenti teoricamente scorretti ai quali faccio riferimento sono il “turn”, ovvero il ruotare le anche durante l’atto di tiro (queste ultime girano leggermente verso la mano che tira). Il turn non è sempre un errore ma spesso una compensazione di spinte, utile all’atleta, e se funzionale (ovvero se non comporta perdita di efficacia realizzativa) non deve necessariamente essere corretto (Foto 6).

Quando parliamo di “thumb flick” invece ci riferiamo ad una serie di possibili errori derivati dal posizionamento della mano guida che vanno ad influenzare la rotazione della palla nel rilascio. L’esempio più calzante è la famosa “polliciata” data alla palla dalla mano guida. Anche in questa situazione in cui il movimento finale porta ad una rotazione “meno convenzionale” del pallone dobbiamo invece osservare ed appuntarci che in alcuni casi questo atteggiamento possa in ogni caso mantenere l’efficienza del gesto senza per forza dover essere corretto. Nella Foto 7 Steph Curry (uno dei migliori tiratori al mondo) esegue un movimento con molte di imperfezioni “da libro tecnico”, eppure PER LUI quel gesto risulta essere il migliore.

Foto 6. Il movimento "turn" di Kyrie Irving
Foto 7. Kobe Bryant ed il modo "corretto" con cui utilizza la mano guida, le dita rivolte verso l’alto, sotto invece Steph Curry che sempre con la mano guida tiene le dita chiuse rivolte verso la palla

Concludiamo la nostra analisi dei dettagli con la fase di rilascio, comunemente denominata follow through. In primo luogo devo necessariamente far riferimento alla riflessione di Adam Filippi fatta nel clinic di cui vi ho parlato e che ha portato in me la voglia di mettere in discussione le mie conoscenze. Essendo il dito medio fisicamente più lungo dell’indice non è possibile che quest’ultimo sia il dito che rilascia in solitaria la palla alla fine del gesto, saranno infatti entrambe le dita (indice e medio) durante il follow through ad accompagnare la palla. Aggiungo sempre facendo riferimento alle dita nel rilascio che l’indice ed il pollice, come potete vedere nelle 3 foto che seguono si avvicinano quasi fino a toccarsi nella fase che definiamo anche “spezzare il polso” (Foto 8, 9, 10).

Foto 8-9-10.

CONSIDERAZIONI FINALI

L’idea in cui credo fermamente è che ognuno di noi deve mettere in discussione le proprie conoscenze, valutare costantemente il proprio lavoro e riflettere sul metodo di insegnamento utilizzato, aprendo una strada in cui porsi le domande diventa ricerca di crescita.

Questa spinta porta ad aprirsi al cambiamento facendo, in alcuni casi, traballare o addirittura crollare le proprie certezze.

La nostra è una grande responsabilità, lavorando con ragazzi anche giovani dobbiamo entrare in palestra sempre preparati. L’improvvisazione non può essere minimamente tenuta in considerazione, non è contemplata.

Con la visione e l’ascolto del primo clinic di Giampiero Ticchi e Adam Filippi ho iniziato un’importante riflessione, con il progetto 914 di Federico Danna del Novipiù Campus Piemonte (un corso che consiglio a tutti gli allenatori ed istruttori essendo un percorso qualitativo e formativo di assoluto livello) ho consolidato i dubbi emersi, aprendo il mio modo di insegnare a continue domande quotidiane pre e post allenamento.

Credo con fermezza che questa possa essere la giusta ed indispensabile strada per non smettere mai di migliorare come persone e come allenatori.

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Postato da Gabriele Pardini

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Allenatore Nazionale, Istruttore Nazionale Minibasket, FIBA Coach e componente del CNA regionale Toscana.
Esperienza come responsabile di settore giovanile e Minibasket.
In categorie Senior capo allenatore dalla serie C SILVER e GOLD fino alla serie B.